11. CHIESA DI SANT’ANDREA APOSTOLO

Il matrimonio nel borgo

Nella borgata il matrimonio avveniva sempre tra figli di pescatori; volendo stringere il grado di parentela tutti gli abitanti del borgo sono legati tra loro. La coppia di sposi si formava in età prematura: intorno ai 13 anni i ragazzi e le ragazze cominciavano a scambiarsi le prime occhiate interessate e silenziose per paura di essere scoperti, per anni solo attraverso i loro occhi potevano esprimere la reciproca “cotta”! Prima di partire per il militare lui finalmente, invitava ad una chiacchierata la futura fidanzata che aderiva all’invito recandosi all’appuntamento in compagnia di un’amica. I giovani confidavano, allora, il proprio “segreto” alle rispettive madri le quali, quasi sempre, davano il consenso. Da quel giorno la ragazza era tenuta a rispettare la futura suocera che già chiamava “mamma” e le veniva concesso di frequentare la casa dei suoceri durante l’assenza del giovane. La madre del fidanzato, si recava a casa della ragazza per ufficializzare la data del fidanzamento che avveniva durante la prima licenza del giovane, e soltanto dopo la cerimonia, il fidanzato era ammesso a frequentare la casa della ragazza con accurata cortesia e rispetto! Quando il giovane aveva ultimato il servizio militare ed era riuscito a mettere da parte una certa somma di denaro per acquistare il mobilio della camera da letto, si fissava la data delle nozze.  Lo “sposalizio” aveva luogo di domenica e in tale occasione, le barche rimanevano a terra perché quasi tutti i marinai vi partecipavano.  Il giovedì precedente, nella casa della sposa, si eseguiva l’inventario della biancheria della ragazza, al quale presenziava la madre dello sposo. La biancheria poi era esposta e la futura sposa riceveva la visita delle amiche e delle donne anziane della borgata: a tutte veniva offerto un bicchierino di liquore fatto in casa con qualche confetto. Il giorno successivo, partiva la dote della sposa compresi il comò e la cucina. Tutto era caricato sopra un carretto addobbato con nastri e fazzoletti e trasportato nella futura dimora degli sposi: a ricevere la dote si trovava "la madre di lui" e le zie di primo grado. La sposa non accompagnava il trasporto della biancheria. Il sabato pomeriggio era dedicato alla cerimonia del “dono”: gli sposi, ognuno nella propria casa, ricevevano gli invitati alle nozze; si allestiva una stanza con un tavolo di biscotti, confetti e liquori fatti in casa; su una parete si attaccava un nastro di pizzo su cui venivano appesi i soldi ricevuti in regalo in modo da rendere noto a tutti la somma ricevuta da ogni invitato, i regali venivano disposti con il bigliettino di augurio su un altro tavolo. La domenica mattina, alle ore nove, iniziava la cerimonia vera e propria a casa della promessa sposa con l’arrivo dell’abito bianco portato dalla sarta e dalle aiutanti che avevano il compito di vestirla e prepararla. Verso le undici giungevano le carrozze: sulla più bella prendeva posto la sposa col padre o il fratello; sulla seconda i parenti dei due giovani e nell’ultima lo sposo con la madre e, in mancanza di questa, con gli zii. In chiesa lo sposo entrava per prima al braccio della madre e davanti all’altare aspettava la futura moglie. La madre della sposa non partecipava alla cerimonia perché era in casa indaffarata insieme alle altre donne del vicinato a preparare il pranzo. A cerimonia ultimata, la coppia prendeva posto sulla prima carrozza a cui seguiva il corteo. Lungo il tragitto dalla chiesa alla casa della sposa dove si sarebbe svolto il pranzo, gli occupanti delle carrozze gettavano manciate di confetti sui conoscenti che incontravano. I due giovani venivano accolti dalle rispettive madri che abbracciavano e baciavano la sposa, mentre una pioggia di confetti e di fiori si riversava sulla felice ragazza. Subito dopo aveva inizio il copioso banchetto con trenta “portate” tutte a base di carne: in nessun caso si consumava pesce.  Dopo il pranzo si aprivano quindi le danze. Si vedevano i brilli “parò”, con gli abiti della festa che indossavano due o tre volte l’anno, reclamare il ballo con la sposa. Naturalmente la poveretta doveva accontentare tutti, anche gli anziani, che per il grande quantitativo di vino bevuto, non erano in grado di muoversi. La festa durava molte ore e soltanto verso la mezzanotte gli sposi erano accompagnati nella nuova dimora: ma per loro non era ancora giunto il momento di restare finalmente soli. Dopo un po’ infatti gli amici dello sposo si recavano sotto le finestre a portare la serenata. Lo sposo doveva alzarsi, ricevere gli amici in cucina e offrire loro liquori, vino, biscotti. La gioia di rimanere “finalmente soli” avveniva solo all’alba!